XIV RAPPORTO ALMALAUREA SULLA CONDIZIONE OCCUPAZIONALE DEI LAUREATI
L’indagine è stata condotta da Almalaurea ed ha visto il coinvolgimento di circa 400 mila laureati provenienti da 57 Atenei Italiani
Gli obiettivi
Il XIV Rapporto di AlmaLaurea intende monitorare l'inserimento lavorativo dei laureati italiani, fino ai primi cinque anni successivi al conseguimento del titolo. L'indagine è tesa, in modo particolare, ad analizzare il tasso di occupazione, la stabilità della condizione lavorativa, il livello di remunerazione dei laureati nel nostro paese. L'analisi condotta è finalizzata a mettere in evidenza le criticità e difficoltà riscontrate dagli studenti italiani al termine del percorso studi e a porsi come uno strumento fondamentale per valutare l'efficacia esterna del sistema universitario.
Il disegno della ricerca
L'indagine, realizzata nel 2011, ha visto il coinvolgimento di circa 400mila laureati di 57 Università Italiane ed ha previsto il ricorso ad una duplice metodologia di rilevazione: CAWI e CATI. Nello specifico, tutti i laureati in possesso di posta elettronica (circa il 91,5% tra i laureati del 2010 e all'89% tra gli specialistici del 2008) sono stati contattati via e-mail ed invitati a compilare un questionario disponibile sul sito web di Almalaurea. Coloro che non hanno risposto al questionario on-line e i laureati sprovvisti di indirizzo e-mail sono stati, invece, contattati telefonicamente. Infine, la rilevazione sui laureati pre-riforma ha mantenuto la consolidata impostazione seguita nelle indagini precedenti: la ricerca ha riguardato tutti i laureati (circa 22mila) della sessione estiva del 2006, intervistati a cinque anni dal conseguimento del titolo e la rilevazione dei dati è avvenuta tramite metodologia CATI.
La condizione occupazione dei laureati
Il rapporto conferma un quadro complessivamente difficile per chi si affaccia sul mercato del lavoro. Il fenomeno della disoccupazione è in aumento e chi riesce a trovare un lavoro deve confrontarsi con stipendi bassi e precarietà. In particolare, i risultati dell'indagine mettono in evidenza un aumento della disoccupazione - in misura superiore rispetto all'anno precedente - fra i laureati triennali dal 16 al 19% (nel 2010 l'incremento aveva superato di poco il punto percentuale). La disoccupazione cresce e risulta perfino più consistente fra i laureati specialistici, lievitando dal 18 al 20% (l'indagine del 2010 aveva evidenziato una crescita inferiore ai 2 punti percentuali). Ed infine, il fenomeno della disoccupazione si registra anche fra i laureati a ciclo unico, provenienti dalle facoltà di medicina, architettura, veterinaria, giurisprudenza, aumentando dal 16,5 al 19%. Il tasso di occupazione dei laureati triennali ad un anno dal conseguimento del titolo e calcolato sulla sola popolazione che non risulta iscritta ad un altro corso di laurea, è pari al 69%; mentre, tra i laureati di secondo livello corrisponde rispettivamente al 57% degli specialistici e al 37% dei laureati a ciclo unico. Il rapporto individua la causa di questa disparità nella considerevole quota di laureati di secondo livello impegnata in attività formative ulteriori, spesso retribuite; attività che risultano, invece, estremamente rare tra i laureati triennali. Si tratta soprattutto di tirocini, praticantati, dottorati di ricerca e stage in azienda per i laureati specialistici; di tirocini, praticantati e scuole di specializzazione per i laureati a ciclo unico. Dal confronto con le rilevazioni effettuate negli anni precedenti, si evidenzia, per tutti i tipi di corso in esame, una diminuzione della capacità di assorbimento da parte del mercato del lavoro. Tra i laureati di primo livello il tasso di occupazione diminuisce, nell'ultimo anno, di tre punti percentuali (punti che arrivano addirittura a 10 se confrontiamo il dato del 2011 con quello del 2008); tra i laureati specialistici si registra una contrazione di 2 punti (che diventano 8 rispetto al 2008), mentre tra i laureati a ciclo unico il dato si contrae di 3 punti percentuali (18 punti rispetto all'indagine del 2008).
Il problema della precarietà
Dal rapporto emerge con evidenza la difficoltà per i laureati di trovare un'occupazione stabile. La stabilità riguarda, infatti, il 42,5% dei laureati occupati di primo livello e il 34% dei laureati specialistici (con una riduzione, rispettivamente, di 4 e di 1 punto percentuale rispetto all'indagine del 2010). Il problema della stabilità è strettamente connesso alla contemporanea diffusione del lavoro nero. Rispetto agli anni precedenti, aumentano le forme contrattuali a tempo determinato ed interinale, quelle di lavoro parasubordinato e di lavoro senza contratto. In particolare, il lavoro nero, ad un anno dal conseguimento del titolo, riguarda il 6% dei laureati di primo livello, il 7% degli specialistici, l'11% di quelli a ciclo unico.
Retribuzioni ed efficacia del titolo di studio
Ad un anno dalla laurea, le retribuzioni risultano mediamente pari a 1.105 euro mensili netti per i laureati di primo livello; 1.050 per gli specialistici a ciclo unico; 1.080 per gli specialistici biennali. Se confrontiamo il dato con quello emerso dalle indagini precedenti, si evince che i compensi previsti per i laureati italiani perdono potere d'acquisto rispetto agli anni passati: la contrazione è compresa fra il 2 e il 6% solo se consideriamo l'ultimo anno. Anche l'efficacia del titolo universitario, intesa come l'utilizzo, nel lavoro svolto, delle competenze acquisite all'università e la richiesta, formale o sostanziale, della laurea per l'esercizio della propria attività lavorativa, risulta in calo rispetto alla precedente rilevazione: il titolo di studio conseguito è considerato molto efficace o efficace dal 51% dei laureati triennali (oltre 2 punti percentuali in meno rispetto all'indagine 2010) e dal 44% dei laureati specialistici (1 punto in meno rispetto all'indagine del 2010). L'efficacia massima (81%) si riscontra, invece, tra gli specialistici a ciclo unico (-3 punti rispetto ad un anno fa). L'elevatissimo valore di efficacia attribuito al titolo va, però, considerato ed analizzato alla luce della particolare natura di percorsi di studi di questo tipo.
Tendenze del mercato del lavoro nel medio periodo
Le difficoltà lavorative incontrate dai giovani neo-laureati negli ultimi anni si riversano inevitabilmente anche sui laureati di più lunga data. Tuttavia, il rapporto evidenzia che, col trascorrere del tempo dal conseguimento del titolo, le performance occupazionali migliorano in modo considerevole. A tre anni dal titolo, il 74% degli specialistici biennali si dichiara occupato. Discorso a parte meritano i laureati a ciclo unico che risultano frequentemente impegnati in attività formative ulteriori, necessarie per l'esercizio della libera professione. Di conseguenza, in questa fascia, a tre anni dal conseguimento del titolo, la quota di occupati raggiunge appena la metà della popolazione indagata. Rispetto alla valutazione della stabilità occupazionale, essa sembra complessivamente positiva, ma in diminuzione se confrontata con i risultati dell'indagine precedente. In particolare, tra i laureati specialisti biennali, la quota di occupati stabili cresce in maniera considerevole (+19%) tra uno e tre anni dal titolo, raggiungendo il 57% degli occupati (- 5 punti rispetto all'indagine del 2010): si tratta in prevalenza di contratti per lavori dipendenti e a tempo indeterminato. Anche tra i colleghi a ciclo unico la stabilità del lavoro cresce tra uno e tre anni dal titolo: dal 38% al 60%. In tal caso si tratta, in lieve prevalenza, di lavori autonomi che costituiscono lo sbocco lavorativo naturale per la maggior parte delle lauree a ciclo unico. Per quanto concerne l'aspetto retributivo, tra i laureati specialistici le retribuzioni nominali superano, a tre anni di distanza dal conseguimento del titolo, i 1.250 euro. Anche in tal caso, però, le retribuzioni reali, a tre anni, diminuiscono rispetto alla precedente rilevazione (-6,5%). La situazione retributiva dei laureati specialistici a ciclo unico è analoga a quella degli specializzati biennali: a tre anni dalla laurea, il guadagno mensile netto si attesta intorno ai 1.220 euro, con un calo del 9% rispetto all'indagine del 2010.
Laureati vs diplomati: la laurea vale di più
Malgrado il quadro negativo delineato per il laureati italiani, l'indagine evidenzia che la condizione occupazionale e retributiva dei laureati risulta comunque migliore rispetto a quella dei diplomati di scuola secondaria superiore. I laureati sembrano in grado di adattarsi e reagire meglio ai mutamenti del mercato del lavoro, probabilmente perché in possesso di strumenti culturali e professionali più adeguati. Fonti ufficiali (ISTAT e OECD) mostrano che, ad oggi, i laureati presentano un tasso di occupazione maggiore di oltre 11 punti rispetto ai diplomati (76 vs 65%). La laurea sembra premiare anche sul piano retributivo: le stesse fonti confermano che la retribuzione è maggiore per chi è in possesso di titoli di studio superiori: nella fascia d'età compresa tra i 25 ed i 64 anni, il livello di retribuzione risulta più elevato del 50% rispetto a quello percepito dai diplomati. Questo differenziale retributivo si mostra in linea con quanto rilevato in altri paesi europei come Germania, Regno Unito e Francia.
Laureati e lavoro tra Nord e Sud
Dal rapporto emerge un'accentuazione del gap tra il Nord ed il Sud del nostro paese. Se l'occupazione dei laureati specialistici del 2007 residenti al Nord, ad un anno dalla conclusione degli studi, era superiore di 13,5 punti in percentuale rispetto ai colleghi residenti nel Mezzogiorno; nel 2010, il divario aumenta e si attesta al 17%. Contemporaneamente, la disoccupazione (che fra i laureati residenti al Sud era superiore di 11,7 punti percentuali rispetto ai residenti al Nord) ha visto il gap crescere ulteriormente e raggiungere il 17,8%. Ancora più consistente risulta l'aumento del differenziale in termini di retribuzione: la disparità tra Nord e Sud, già rilevata nel 2008, si accresce fino a raddoppiare fra i laureati del 2010 (16,9 vs 8,2% nel 2008). Il dato è confermato dal fatto che la mobilità territoriale per motivi di lavoro (che viene spesso preceduta da mobilità per motivi di studio), appare quasi del tutto assente nel Nord (dove l'unico flusso di una certa consistenza si dirige verso i paesi esteri), mentre raggiunge quote consistenti fra i laureati residenti nel Mezzogiorno.
Donne e lavoro
Il divario occupazionale tra laureati e laureate e le differenze sul piano retributivo evidenziano quanto ancora le donne italiane siano penalizzate nel mercato del lavoro. Tra i laureati specialistici biennali lavora il 61% degli uomini contro il 54% delle donne. Inoltre, gli uomini possono contare più delle donne su un lavoro stabile (37% vs il 31%) e guadagnano il 29% in più delle loro colleghe (1.231 euro vs 956 euro). A tre anni dalla laurea, le differenze di genere si confermano ancora significative: lavora il 71% delle donne contro il 78% degli uomini. E, sempre a tre anni dal conseguimento del titolo, il lavoro stabile appare più diffuso tra il sesso maschile: il 66% degli uomini laureati può contare su un posto sicuro contro il 49% delle occupate. Il rapporto AlmaLaurea mette in evidenza che "le laureate trovano occupazione con minore facilità e, quando la trovano, nella generalità dei casi si tratta di un'occupazione più instabile e precaria, associata ad un minor guadagno. A distanza di anni dal conseguimento del titolo, le differenze non solo non sempre si riducono ma, spesso, si acutizzano". Secondo il rapporto, tuttavia, le differenze di genere non sembrano riconducibili alle motivazioni più frequentemente addotte per spiegare l'origine del divario occupazionale tra uomini e donne, come il minore "merito" delle laureate rispetto ai colleghi maschi o l'eventuale condizione di maternità. Al contrario, le laureate presentano migliori curricula (votazioni di laurea più elevate e tempi di conseguimento del titolo più brevi) rispetto ai colleghi maschi e le maggiori difficoltà occupazionali si presentano anche a parità di tipo di laurea e tra chi non ha figli. "Più convincenti appaiono le spiegazioni che riportano le differenze osservate ad una più generale 'disuguaglianza di genere', radicata nella cultura e nella struttura socio-istituzionale del Paese, che si traduce in una marcata asimmetria tra uomini e donne nella divisione tra lavoro retribuito e non retribuito".
L' importanza di uno stage
Fra i laureati del 2010, il 57% ha terminato il propri percorso di studi con un periodo di stage in azienda. La diffusione degli stage è, a parere di Almalaurea, il segnale importante di una crescente e sinergica collaborazione tra il mondo universitario e quello del lavoro. Gli stage curriculari sono un importante strumento per avvicinare i giovani al mondo del lavoro, per la possibilità che offrono agli studenti di coniugare formazione teorica e conoscenze pratiche. Ad un anno dalla conclusione degli studi, infatti, la probabilità di occupazione dei laureati specialistici che hanno effettuato stage curriculari risulta superiore del 14% rispetto a quella di chi non vanta tale esperienza formativa.