Giovani Dentro: una ricerca per riabitare l'Italia
L'associazione Riabitare l'Italia - insieme ad i partner di progetto - l'8 e il 9 ottobre 2021 ha presentato a Caselle in Pittari (Sa) i risultati della ricerca "Giovani Dentro:una ricerca per riabitare l'Italia". Sono state due giornate di approfondimento e discussione con giovani, associazioni, ricercatori per presentare, discutere, riflettere insieme sulle opportunità e le sfide per chi decide di tornare o restare a vivere nelle aree interne montane e rurali italiane.
La ricerca, durata un anno, è stata finanziata da Fondazione Peppino Vismara e Coopfond, realizzata in partnership con il CREA per la RRN, il GSSI, EURAC Research, CPS e l'Osservatorio Giovani dell'Università di Salerno. La ricerca "Giovani Dentro" ha voluto approfondire le tematiche relative al benessere della popolazione giovanile nei territori delle aree interne e indagare le relative implicazioni. L'evento è stato co-organizzato da: Associazione Riabitare l'Italia, CREA per RRN (Rete Rurale Nazionale) e Osservatorio Giovani dell'Università di Salerno.
Venerdì 8 ottobre - Partecipanti
- Carmine Donzelli e Sabrina Lucatelli (Riabitare l'Italia)
- Andrea Membretti (Riabitare l'Italia)
- Stefania Leone (Università di Salerno) - discussant Sabina Licursi (Università della Calabria)
- Giulia Urso (GSSI)- discussant Rita Bichi (Università Cattolica del Sacro Cuore)
- Daniela Storti (Riabitare l'Italia - CREA)
- Sabrina Lucatelli e Andrea Membretti
- Giulia Cutello, Giulia Sonzogno ed Emanuele Piccardo
Il primo intervento è del presidente di Riabilitare l'Italia, Carmine Donzelli, che da subito traccia le intenzioni dell'evento, ovvero porsi come studio e approfondimento delle conoscenze raccolte circa il tema delle prospettive giovanili nelle aree periferiche. Ciò in riflessione associata sulle policies, affinché si possa procedere con degli incentivi concreti. Proprio grazie agli eventi di Riabilitare l'Italia, infatti, si ritiene possibile la creazione di un ambiente all'interno del quale riflettere sulle capacità di un coinvolgimento pluridisciplinare. Studiosi, policy maker, potenziali interlocutori sono chiamati a condividere una prospettiva che possa inaugurare un discorso con i territori e con le nuove generazioni.
Sabrina Lucatelli, direttrice di Riabilitare l'Italia, riprende il discorso sulle motivazioni della nascita che arriva dall'esigenza di indagare le necessità e i bisogni ma anche le condizioni dei giovani nelle aree interne. Ritorna poi sulla natura dell'incontro, improntato innanzitutto a una discussione che si pone principalmente come punto di partenza e di miglioramento e non come presentazione di progetto vera e propria.
L'intervento di Andrea Membretti è stato incentrato sull'esperienza della ricerca "Giovani Dentro". La ricerca ha permesso di produrre una prima elaborazione di dati che ha condotto a varie considerazioni, presentate poi gradualmente negli interventi programmati. Continua descrivendo le ricerche condotte e i diversi dati analizzati nell'ambito della ricerca. Per il primo dataset la popolazione di riferimento è 18-39 anni residenti in aree interne del Paese. Il campione statisticamente rilevante, condotto da SWG, implica che il margine di errore è ridotto il più possibile e permette di considerare i risultati come uno spaccato effettivamente attendibile di una reale condizione dei giovani delle aree interne. Il secondo dataset ha visto la raccolta di un campione non statisticamente rappresentativo di circa 2.000 soggetti raggiunti tramite i social media. Tramite lo stesso questionario somministrato al primo dataset, con questa ricerca si sono approfonditi la costruzione e il mantenimento di network. In seguito alle prime due rilevazioni, si è costituito un secondo questionario, somministrato al terzo campione. Questo per individuare soggetti con ruolo attivo nelle aree interne. Nell'ultima fase del lavoro si è portata avanti un'azione qualitativa con focus group in aree pilota che hanno analizzato temi specifici, quali fenomeni di neo-popolamento, rapporto con l'ambiente, istruzione e formazione. In linea generale, conclude Membretti, il desiderio di restanza dei giovani delle aree interne è il dato caratteristico costantemente emerso.
L'intervento successivo è di Stefania Leone, direttrice OCPG Policom dell'Università di Salerno, che presenzia insieme a Sabina Licursi, discussant dell'Università della Calabria. La professoressa delinea lo scenario del lavoro di ricerca, inteso come un'analisi multidimensionale che ha permesso di seguire più assi interpretativi su cui ragionare. Il punto di partenza era indagare sia aspetti relativi alla condizione individuale dei giovani delle aree interne che altri elementi più pubblici di comunità, quali la partecipazione civica, l'attivismo territoriale e la conseguente possibilità di associazionismo con possibilità di accesso a finanziamenti europei. Tenendo sempre in considerazione il ciclo di vita del target di riferimento, che tende alla transizione all'età adulta, sono state portate avanti analisi su pratiche quotidiane, abitudini di spostamento, progettualità e prospettive personali. Più spiccatamente ambito delle aree interne sono state le valutazioni relative alla concezione della natura e alla percezione del lavoro agricolo. Le tappe di vita sono reputate come sospese, ritardate o generalmente slittate rispetto alle generazioni precedenti, secondo i parametri del cosiddetto "modello mediterraneo". Tramite i focus group è inoltre emerso che alcuni indicatori per le aree interne devono essere ripensati, in ragione di una modalità di relazione comunitaria differente. Si passa poi a considerazioni sull'attivismo territoriale e su conoscenza e uso di fondi europei e progettualità. Per quanto riguarda la mobilità, la prof.ssa Leone evidenzia generalmente la forte propensione a rimanere, se possibile, nell'area interna d'origine, e conclude con le considerazioni su concezioni emerse sulla natura e sull'ambiente.
La dottoressa Licursi, dell'Università della Calabria, procede ricordando che grazie a questa ricerca è stato possibile riportare l'attenzione sui giovani e sulle disparità territoriali. Nel tentativo di capire quale futuro hanno i territori, i risultati hanno permesso di focalizzarsi sulla possibilità di ribaltare il luogo comune secondo cui la maggior parte dei giovani preferirebbe lasciare le aree marginalizzate. Molti infatti, in seguito alla possibilità di lasciare il posto di residenza originaria, hanno comunque deciso di ritornare. Questo sostiene ancora di più la tesi secondo cui la tendenza alla restanza è frutto di una scelta consapevole. Dall'altra parte si evidenzia che chi vuole partire è soprattutto donna, con le relative implicazioni in termini di osservazioni di genere che saranno poi approfondite in altri interventi. Ulteriore attenzione è data alle aree interne del sud in relazione al pendolarismo, alle tappe della vita, alle politiche che potrebbero meglio favorire la transizione alla vita adulta.
A prendere la parola è poi la dottoressa Giulia Urso del GSSI e la prof.ssa Rita Bichi, discussant dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Viene proposta una lettura territoriale dei dati già introdotti, con un focus sul rapporto tra geografie e fattori di scelta dei giovani delle aree interne. L'analisi proposta sviluppa un raggruppamento dei comportamenti migratori e ne individua caratteristiche categoricamente associate. Ciò per comprendere le caratteristiche che determinano la scelta di restare o andare via dalle aree interne. I profili di analisi sono stati quindi individuati secondo il grado di volontarietà della scelta effettuata (partente per necessità, restante per necessità, restante per scelta e partente per scelta). La metà del campione rappresentativo è un restante per scelta, dato che sottolinea il desiderio di non voler abbandonare i territori di origine. Dopo il commento dei dati, sono state presentate le caratteristiche individuali associate ai profili tracciati, tra i cui parametri sono presenti genere e istruzione. Si approfondiscono poi le motivazioni sull'orientamento a partire e a restare. Le ulteriori considerazioni riguardano le tappe della vita e la fascia d'età. Quest'ultima ricopre effettivamente tre diverse generazioni, il che potrebbe evidenziare differenze interne interessanti in una prospettiva di future ricerche. Gli spunti su cui si suggeriscono approfondimenti riguardano anche potenziali connessioni, mobilità, associazioni tra profili individuati.
Daniela Storti apre la discussione su eventuali interventi, chiavi interpretative, elementi critici da valutare.
La professoressa Picone dell'Università Federico II, coordinatrice del Master di II livello sulle aree interne, prende parola confermando come il ritorno dei giovani ai territori interni fosse un trend già percepito che la ricerca ha permesso di confermare. La docente riprende quanto individuato nei numeri dei partenti per necessità e i restanti per scelta, che al sud sono il 70%, e si focalizza sulla conseguente responsabilità che ricade sui governatori dei territori, in termini soprattutto di nuove strutture nella formazione.
Un'altra osservazione giunge dalla professoressa Iovino dell'Università di Salerno. In quanto geografa, la professoressa intende portare avanti la necessità di un approfondimento sull'associazionismo locale, per cercare di dare una prospettiva che possa risolvere le criticità dovute alla mancanza di investimenti adeguati del capitale umano presente nei territori.
Il sindaco di Caselle in Pittari, ribadendo l'importanza della ricerca portata avanti, interviene per i saluti finali.
Nella giornata di Sabato 9 ottobre hanno preso parte al seminario:
- Mia Scotti e Andrea Membretti
- Lavoro e microimprenditorialità: Giulia Sonzogno (Riabitare l'Italia - GSSI)
- Agricoltura e innovazione: Daniela Storti (Riabitare l'Italia - CREA)
- Donne e resilienza: Giulia Cutello (Riabitare l'Italia)
- Rita Salvatore (Università di Teramo)
- Filippo Tantillo (Officine Aree Interne)
- Sabrina Lucatelli
- Vito Teti (Riabitare l'Italia)
- Antonio De Rossi (Riabitare l'Italia - PoliTo)
- Chiara Lainati (Fondazione Vismara)
- Gianluigi Granero (CoopFond)
- Annalisa Mandorino (Cittadinanzattiva)
- Elena Torri (Unipol - CRU)
- Antonio Pellegrino (Coop. Terra di Resilienza)
- Alessandro Monteleone (Rete Rurale Nazionale)
- Paola Casavola (NUVAP)
La seconda giornata di discussione della ricerca "Giovani dentro" prende il via con l'intervento di Mia Scotti. Dopo aver illustrato il progetto, tra target, obiettivi e metodo, ne ha illustrato la struttura e descritto in profondità l'indagine, con riferimento al framework, alla metodologia e ancor più specificamente al campione. Ha approfondito poi le ambizioni professionali lavorative del campione, le differenze di genere e le maggiori preoccupazioni rilevate, tra cui il raggiungimento di un lavoro retribuito o comunque con delle possibilità di crescita e di accesso al micro-credito e al credito agevolato. L'intervento approfondisce poi la provenienza e l'adeguatezza delle risorse economiche, la partecipazione ed elementi riguardanti la comunità. Affronta, infine, evidenze sui focus group, portati avanti sulle tematiche dell'impresa, dell'agricoltura, della formazione e lavoro.
Giulia Sonzogno (Riabitare l'Italia - GSSI) prende successivamente la parola per trattare la tematica del lavoro e della microimprenditorialità. I dati raccolti tramite campione rappresentativo SWG e tramite Facebook vengono confrontati per quanto concerne il settore lavorativo, la tipologia contrattuale e i fondamenti che possono migliorare la condizione lavorativa. La dottoressa passa poi alle considerazioni sul focus group tematico online portato avanti indagando in Abruzzo il ruolo della formazione e in Piemonte dell'impresa. Dalle risposte raccolte si evidenzia la grande importanza attribuita all'Università, considerata in grado di fornire strumenti ottimali e di procedere con una formazione fondamentale per i territori delle aree interne. Sul fare impresa si evidenzia l'importanza dell'incentivo ai territori favorendo reti e scambi di conoscenza verso l'esterno, partendo anche dalle consapevolezze emerse durante il periodo critico della situazione pandemica.
Daniela Storti (Riabitare l'Italia - CREA) si occupa del successivo intervento su agricoltura e innovazione. Si evidenzia innanzitutto una diversa associazione tra uomo e ambiente, non più osmotica come un tempo. Dopo aver indagato la percezione della natura, nella considerazione per cui si è superata la visione della stessa come risorsa per l'economia, si considerano le motivazioni riguardanti l'eventuale scelta di un lavoro in agricoltura. I giovani generalmente sono positivamente predisposti, nel desiderio di contatto con uno stile di vita semplice. Si conferma l'idea secondo cui i luoghi delle aree interne sono in grado, nonostante tutto, di accogliere e di offrire opportunità formative e lavorative. Sia dai dati rappresentativi che da quelli raccolti tramite social si nota infatti una tendenza a considerare l'agricoltura come ambito da cui innescare un cambiamento per i giovani, ricostruendo un legame con elementi concreti, che vanno dal recupero di tradizioni all'innovazione delle stesse.
Giulia Cutello (Riabitare l'Italia) riporta le evidenze emerse sulla questione di genere su donne e resilienza. La questione si concentra su giovani donne che abitano, restano, ritornano nelle aree interne. L'analisi parte dai dati delle tappe di vita e della formazione del campione SWG, passando poi al commento dei risultati dell'indagine social. Le principali ragioni correlate allo spostamento sono la volontà di ampliamento delle esperienze e il miglioramento della condizione di vita. Si arriva quindi all'indagine qualitativa su lavoro e istruzione, da cui tra le altre cose si evidenzia che gli elementi più rilevanti che potrebbero migliorare la condizione lavorativa per le donne sono i sostegni alla genitorialità. La dottoressa conclude proponendo una riflessione sugli strumenti per accrescere consapevolezza e riconoscimento delle giovani donne per l'innovazione delle aree interne.
Interviene poi la professoressa Rita Salvatore dell'Università di Teramo. Il punto di partenza è l'inserimento delle considerazioni effettuate in una prospettiva di innovazione sociale, nella visione dei giovani come attori fondamentali. L'attenzione si sofferma sul dato critico della proposta ancora troppo limitata delle aree interne, nelle difficoltà di lettura dei fenomeni in termini di genere, mobilità, povertà. La condizione auspicabile proposta come soluzione è l'inserimento delle aree interne in una condizione di equità con le città, perché possano esservi potenzialmente gli stessi servizi. Il modello risolutivo deve tenere in considerazione la local-knowledge, il neo-popolamento e la visione nuova di agricoltura, affinché si possa permettere una condizione di incentivo alla generazione di progetti di innovazione sociale.
Filippo Tantillo (Officine Aree Interne - Riabitare l'Italia), prima di moderare il dibattito, propone dei rapidi flash di discussione, innanzitutto sulla restanza, da considerare più come un'espressione di speranza che di bisogni, e poi sulla differenziazione territoriale. Da qui poi passa la parola a Emanuele Riccardo, il quale porta la sua esperienza come coordinatore nelle aree interne con attività di rigenerazione culturale nella provincia di Cuneo e nel territorio siciliano, soffermandosi in particolare sul grande coinvolgimento dei giovani e sulla sovrapposizione ormai assestata tra condizioni delle aree interne settentrionali e meridionali. Sabrina Lucatelli coglie l'occasione per ricordare come anche interventi apparentemente di piccola entità possono restituire dei risultati immediati utili in termini di rinnovato senso di possesso del territorio da parte di residenti e non solo.
Un ulteriore intervento da parte della prof.ssa Ilaria Pitti, dell'Università di Bologna, propone un'osservazione sulla restanza e una similitudine riscontrata tra le criticità dell'imprenditorialità giovanile nelle aree urbane e quelle rilevate nei luoghi più interni.
Interviene quindi la giornalista Elisa Forte, operante in Irpinia, che porta un commento derivante da una ricerca portata avanti sulle donne della provincia interna della Campania e una testimonianza di un progetto artistico organizzato in provincia di Avellino.
Prende quindi la parola Andrea Marino, che porta la sua esperienza di progettista in aree interne del nord Italia. Egli ritiene il ruolo dei giovani sui territori interni fondamentale, per la loro naturale prospettiva di pensare a lungo termine e di avere una visione che inevitabilmente causa un impatto concreto. Le sollecitazioni proposte riguardano le competenze innovative che possono essere investite in contesti svantaggiati, affinché possano trasformarsi. Le criticità evidenziate, inoltre, sono presenti in termini di mancanza quasi irreversibile di capitale umano, salvo che non si operi in politiche di ripopolamento.
L'intervento successivo è di Domenico Cersosimo, che propone, ancora, l'analisi di case study per una diversa prospettiva di analisi sui territori. Ritorna ancora sulle aree interne e sulla necessità di tenere presente come lo spopolamento abbia effettivamente portato a una frammentazione comunitaria.
In seguito, Andrea Membretti propone un recap complessivo dei dati salienti emersi durante le due giornate, a stimolo del successivo momento di confronto finale.
La sessione finale della tavola rotonda vede come partecipanti Paola Casavola, Gianluigi Granero, Elena Torri, Antonio Pellegrino, Alessandro Monteleone, Vito Teti, Antonio De Rossi, Annalisa Mandorino, Chiara Lainati. La questione di discussione proposta concerne le modalità di lavoro tramite cui le politiche possano investire sulle competenze dei giovani delle aree interne.
Antonio De Rossi pone l'accento sulla necessità centrale di rimanere aderenti alle reali condizioni dei territori, per poter procedere con una innovazione che possa essere utile in termini di investimenti. Una piattaforma di politiche in grado di rispondere alle esigenze locali, ad esempio.
Vito Teti ritiene necessario indirizzare correttamente il "romanticismo" emerso dalle varie letture di dati verso una mentalità politica capace di diventare proposta in grado di dare risposte.
Annalisa Mandorino propone un confronto di quanto dibattuto con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, nell'intenzione di favorire un discorso di ottimismo intelligente da contrapporre alla precedente osservazione critica di visione enfatizzata.
Chiara Lainati ricorda la centralità del linguaggio nell'interazione con le istituzioni e con i giovani, riprendendo ancora l'importanza che una ricerca simile può avere in termini di traduzione e narrazione. Considera altrettanto importante impostare una logica collaborativa che possa vedere le istituzioni del territorio in confronto con altri enti, per costruire interlocuzioni proficue. Fondamentale è focalizzarsi sull'amministrazione condivisa, informale.
Gianluigi Granero pone l'attenzione sulla necessità di potenziare l'amministrazione pubblica per adeguare la capacità di risposta delle politiche.
Elena Torri ritiene che le politiche pubbliche debbano lavorare per connettere in maniera importante cittadini e stato. In particolare, sono i singoli comuni a dover cercare delle occasioni di confronto, perché possano dimostrare la volontà di accogliere progetti di sviluppo.
Antonio Pellegrino propone una nuova impostazione dei modelli statali che sono di riferimento per i membri delle aree interne, quali ad esempio le modalità assistenziali.
Alessandro Monteleone ritiene che una parte fondamentale del successo di alcune politiche risieda nella capacità di attivare percorsi relazionali e riappropriarsi territorialmente di una visione di progettare il futuro. Questo per creare condizioni di possibilità e per agevolare concretamente interventi nelle aree.
Paola Casavola afferma che le politiche per le aree interne sono da difendere poiché costituiscono una modalità di mantenimento del Paese in termini di patrimonio di vario genere. È necessario, però, tenere anche presente che una policy necessita di tempo perché possa integrarsi con conoscenze emerse in itinere e, soprattutto, ritiene che l'azione politica necessiti sempre anche di capacità di associazionismo.
Il presidente, nei saluti finali, conferma l'importanza del modello di discussione emerso dalla ricerca e del bisogno da cui questo è nato, in un'ottica di miglioramento e trasformazione.