Convegno ''Cambiamenti climatici, sviluppo locale e governo metro-montano del territorio''
Il 5 e 6 Maggio 2023, presso Villa Doglioni Dalmas a Belluno, si è tenuto il convegno "Cambiamenti climatici, sviluppo locale e governo metromontano del territorio", promosso da Confindustria Belluno Dolomiti in collaborazione con l'Associazione Riabitare l'Italia con il supporto di Volksbank - Banca Popolare dell'Alto Adige e la partecipazione dell' Osservatorio Giovani OCPG del Dip. Scienze Politiche e della Comunicazione (PoliCom) - Università degli Studi di Salerno.
La prima giornata di interventi è iniziata con i saluti istituzionali della consigliera Simonetta Buttignon che ha evidenziato come sempre più giovani vadano via a causa dei fitti molto elevati. Ciò è imputabile, secondo la consigliera, alla difficoltà del territorio nello stare al passo con i cambiamenti sociali, culturali economici che contraddistingono la contemporaneità. È per questo che il comune sta promuovendo progetti sempre più innovativi nel campo delle tecnologie e dell'ambiente. L'assessore Simone Deola e il consigliere regionale Silvia Cestaro hanno posto invece l'accento su quelli che sono i problemi ambientali dovuti alle nuove costruzioni. "Il fatto che le amministrazioni non fossero consapevoli dei danni ambientali che determinati materiali causassero", specificano, "non le rende meno responsabili". È per questo che sono stati proposti numerosi progetti da ambedue le amministrazioni per costruzioni eco-friendly che possano incentivare un turismo più sostenibile.
Sabrina Lucatelli ( Riabitare l'Italia) ha posto l'accento sull'intreccio dell'abitabilità dell'Italia e, necessariamente, sul cambiamento climatico. Il punto deve essere, viste le condizioni della penisola, lo sviluppo di progetti che possano tutelare i territori in caso di emergenze. Soprattutto, la necessità delle amministrazioni deve essere quella di avere pronti sul tavolo di lavoro dei progetti che possano prevenire le emergenze. I giovani delle aree interne italiane, come potrebbe essere quella delle montagne di Belluno, non hanno la volontà di andare via. Sono molto affezionati alle loro terre, per cui desiderano che i loro progetti di vita possano essere realizzabili anche nelle terre natie. Ed è proprio il rapporto che nelle aree interne si può instaurare con la natura ad essere il movente di tale volontà. Per far sì che ciò accada è necessario che si promuova lo sviluppo, e ciò potrà accadere attraverso l'unione delle conoscenze di numerosi scienziati, come dimostra il progetto "Riabitare l'Italia".
La prima sessione dal titolo " Territorio, sostenibilità, politiche di area vasta", è stata moderata da Filippo Barbera ( Riabitare l'Italia) che ha introdotto i vari relatori. La prima ad intervenire è stata Paola Mercogliano, responsabile della Divisione REMHI della Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici). Mercogliano ha spiegato di cosa si occupa la Fondazione CMCC, un istituto di ricerca internazionale no profit, nato nel 2006, con lo scopo di studiare il cambiamento climatico. Il cambiamento climatico è un fenomeno globale molto complesso che si manifesta in modo differente nelle diverse regioni, per cui il suo studio richiede degli strumenti multidisciplinari. La dott.ssa ha illustrato diversi grafici, mostrando come la temperatura si sia innalzata a livello globale - mediamente di 1 grado - ma in realtà molto di più sull'area mediterranea. I disastri provocati dal cambiamento climatico dipendono dalla vulnerabilità del territorio, cioè quanto il territorio è in grado di difendersi dall'esposizione a precipitazioni e aumenti di temperatura. In una zona urbana che di per sé tende a riscaldarsi di più per effetto della presenza di maggiori beni e servizi, l'impatto sarà ancora maggiore rispetto ad un'area boschiva. Per questo motivo, il cambiamento climatico non deve essere un tema che riguarda solo il futuro, ma soprattutto il presente, ed è per questo che gli studiosi lo stanno già combattendo.
A tal proposito, Mercogliano ha mostrato due report condotti su scala nazionale. Uno di questi è un documento del Ministero delle Infrastrutture che va a valutare quale può essere l'impatto del cambiamento climatico sulle infrastrutture critiche. I risultati mostrano che, in base alle analisi condotte, i tre settori che saranno danneggiati dall'impatto climatico saranno: Infrastrutturale, agricolo e il turistico. Il secondo documento è un estratto del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), ancora in fase di consultazione, in cui sono emersi risultati diversi a seconda delle aree: pianeggianti, costiere e montuose.
Questo dato conduce alla successiva riflessione per cui il cambiamento climatico aumenta anche le diseguaglianze economiche tra le regioni. Gli impatti del climate change, infatti, saranno maggiori nelle regioni che hanno minori mezzi per difendersi. Per questo motivo, è stato mostrato uno studio condotto sui settori strategici specifici dell'area di Belluno che, se sfruttati, potrebbero avere un forte impatto sugli investimenti economici.
Mercogliano ha concluso affermando che a volte si pensa che il cambiamento climatico sia intuitivo, ma invece non è così. Esso, anzi, è un fenomeno complesso ed è per questo che bisogna affidarsi a degli studi precisi e credibili per comprenderlo.
Successivamente è intervenuto Giovanni Carrosio, professore presso l'Università di Trieste e membro del comitato "Riabitare l'Italia". Carrosio ha introdotto il concetto di comunità energetica, approdato in Italia nel 2020 con il decreto sulle comunità energetiche. Quando si parla di energia a volte ci si concentra solo sull'aspetto tecnico e non su quello sociale, tralasciando l'aspetto sociale dell'energia, che emerge nelle interdipendenze tra tipi di tecnologie e modelli di società.
Molte energie rinnovabili, ad esempio quelle solari come il fotovoltaico, si stanno sempre più diffondendo nella nostra società. Se si pensa che per tutto il '900 è stato costruito un modello sociale attorno alla predominanza delle fonti fossili, per cui le persone e le imprese che consumavano energia non erano mai portate ad interrogarsi sulla quantità e soprattutto sulla qualità di energia consumata, si capisce perché l'avvento delle energie rinnovabili abbia sconvolto questo modello.
Le energie rinnovabili possono essere prodotte in tanti modi, ma fino ad oggi in Italia si sono diffusi principalmente due modelli di produzione: il primo modello è quello dell'individuo-proprietario, oppure quello dell'impresa che installa autonomamente l'impianto; l'altro modello è quello delle comunità energetiche che interessa sempre di più le scienze sociali.
Le comunità energetiche sono delle coalizioni di cittadini che, tramite la volontaria adesione ad un contratto, cooperano con l'obiettivo di produrre, consumare, auto-consumare l'energia prodotta e gestirla attraverso la messa in rete di micro-impianti energetici o attraverso la costruzione condivisa di impianti energetici. Le comunità energetiche tengono insieme due dimensioni importanti: quella sociale e quella politica. Carrosio ha mostrato un esempio di comunità energetica in Italia nella città di Peccioli, in provincia di Pisa.
Secondo Carosio, bisogna pensare a queste comunità energetiche come a degli strumenti di welfare locale di comunità, per quattro ragioni fondamentali:
- ASSICURATIVA: ci si assicura, rimettendosi al riparo dalle fluttuazioni dei mercati energetici;
- REDISTRIBUTIVA: è possibile regolare l'energia attraverso meccanismi di redistribuzione;
- CAPACITATIVA: questo sistema fa rafforzare e sviluppare le capacità dei singoli e della comunità;
- DEMERCIFICATIVA: si crea una comunità che si basa più su uno scambio sociale, piuttosto che su uno economico.
Ha preso poi la parola Gianpietro Gregori, direttore Centro di Imprese Corporate area di Belluno\ Pordenone\Treviso Volksbank, che ha presentato il progetto delle Comunità energetiche insieme al collega Paolo Marafatto, responsabile clienti aziendali e direzione commerciale Volksbank.
La Volksbank è una banca fortemente radicata nel territorio che si rivolge principalmente a famiglie e PMI. Si occupa di sostenibilità da qualche anno, sia come banca e sia come controparte che investe ed eroga finanziamenti.
Il Piano Industriale di Sustainable 2023 da loro presentato prevede:
- Una riduzione dei consumi energetici e delle emissioni
- La cattura del CO2
- La trasformazione della mobilità aziendale
- Il riutilizzo dei materiali
La Banca si impegna con questo piano a diventare carbon neutral, con l'obiettivo "emissioni zero" supportato dall'adozione di politiche "paperless" e "plastic free" ed una attenzione crescente verso i temi di utilizzo delle risorse di CO2, nonché tramite un percorso di riduzione dell'utilizzo delle materie prime e di incentivazione alla mobilità sostenibile.
È stato poi illustrato un documento di uno studio a cura del Politecnico di Milano del 2020, in cui si stima che saranno circa 40 mila le comunità energetiche entro il 2025. Queste 40 mila comunità andranno a coinvolgere 1,7 milioni di famiglie, 300 mila uffici e 35 mila PMI.
La Volksbank si propone come ente a sostegno in questi ambiti, con propri progetti sostenibili che si rivolgono a utenti privati, condomini, PMI e alla Pubblica Amministrazione.
E' intervenuto Andrea Ciresa, manager no profit e segretario della fondazione FIEMMEPER, il cui programma si fonda su una visione integrata dei diversi fattori che contribuiscono allo sviluppo sostenibile della Val di Fiemme. Ciresa ha posto l'accento sull'innovazione sostenibile montana, elencando quelle che sono le fragilità di una terra alta, tra cui:
- i cambiamenti climatici che stanno facendo morire la bellezza di quei territori;
- il turismo, al cui proposito si chiede come si possa fare al meglio industria in montagna, come accogliere coloro che vi arrivano e come attrarre altre persone;
- la fragilità di tipo sociale, rappresentata dall'assistenza.
A fronte di queste fragilità ci si è dato una spinta partendo dal mondo dell'imprenditoria, scegliendo così di essere parte attiva e fondando una realtà del terzo settore. In tal modo, secondo Ciresa, ci si può prendere cura contemporaneamente sia della comunità che del territorio.
La prima iniziativa messa in atto è incentrata sull'accoglienza: diversi professionisti hanno deciso di lavorare insieme per favorire lo sviluppo locale e moderno del proprio territorio. La seconda iniziativa è legata al tema dell'energia: è stata creata una centrale a biomasse che, come risorsa, usa il legno producendo acqua calda ed elettricità per la popolazione. Ci si è poi chiesti come fare una pianificazione futura virtuosa e Ciresa ha ripreso il tema della "Green Community" che può essere un'importante spinta alla sostenibilità. Per mettere in atto le tre iniziative sono state diverse le azioni intraprese:
- si è cercato di matchare le esigenze del territorio con quelle della popolazione;
- è stato creato un laboratorio con lo scopo di sviluppare soluzioni legate alle esigenze dei più giovani;
- nelle aziende sono stati istituiti spazi di co-working per contaminare le proprie idee e imparare.
Ciresa ha proposto ai singoli cittadini di incaricarsi della parte "sociale" del proprio territorio, partendo da una serie di fragilità che non appartengono solo al Trentino. Ritiene che si debba passare ad una concezione per cui il territorio è di tutti ed è necessario operare insieme per andare lontano. Su queste logiche si è basata la progettazione della fondazione FIEMMEPER, che egli stesso configura come una sorta di piccolo grande laboratorio a disposizione di tutti.
La sessione è terminata con l'intervento di Alessandro Delpiano, direttore dell'area pianificazione territoriale e mobilità della città metropolitana di Bologna. Il suo intervento è stato incentrato sulla coesione territoriale e sulla lotta al consumo del suolo e, a tal proposito, ha spiegato la propria idea di coesione territoriale su un'area molto vasta. Innanzitutto, Delpiano ha raccontato come il suo impegno è mirato a trovare equilibri sul territorio. Le città metropolitane sono destinatarie di fondi e finanziamenti e, grazie a questo, è stato possibile avviare una serie di impegni, progetti e ricerche. La città metropolitana di Bologna appartiene ad una regione che è divisa in due: una parte fatta di pianura e l'altra di montagna, una parte ricca e una povera. Delpiano ha ripreso, valorizzandolo, il tema della fragilità di cui aveva precedentemente parlato Ciresa, ponendolo come base per un nuovo piano territoriale. Le fragilità di una città metropolitana come Bologna possono essere di tipo economico, sociale e demografico, molto semplici da individuare, ma con cause scatenanti difficili da delineare. Le prime ipotesi prevedevano che esse potessero essere la mancanza di industrie, lavoro e accessibilità, che portavano conseguentemente a fenomeni come l'emigrazione. Ma ciò non sembra avere riscontro nella realtà. È risultato evidente che fosse necessario cambiare radicalmente il modo in cui venivano interpretati i problemi.
La prima iniziativa è stato un emendamento alla città metropolitana di Bologna che proponeva un piano territoriale nuovo da cui è risultato che le cause delle fragilità non erano le strade ma le ferrovie, non la mancanza di industrie ma di fabbriche. Mancano i servizi pubblici, come il trasporto, i servizi scolastici, culturali, sanitari, che vanno sostenuti con denaro pubblico. Inoltre, secondo Delpiano, è fondamentale incentivare la pubblicizzazione di tali servizi, non privati, per essere attrattivi. Nel piano territoriale si è proposto che le risorse siano accessibili a tutti, a prescindere dalla zona della regione in cui si trovano, in quanto ritiene che vi dev'essere una ricchezza che può essere condivisa. Delpiano ha infine spiegato come vengono utilizzate le risorse: ogni anno viene promosso un bando che redistribuisce quanto il progetto di perequazione territoriale ha raccolto l'anno precedente. Nella redistribuzione della ricchezza e dello spazio pubblico la parola d'ordine è "equità". Al momento ci sono 73 progetti di rigenerazione urbana di dimensione medio/grande di cui si occupano i diversi uffici presenti sul territorio, dato che mostra quanto sia ampia la collaborazione interistituzionale sul territorio. Delpiano ritiene ancora deboli le città metropolitane e si augura che tutte le province possano operare un tale passaggio diventando un punto di riferimento economico, sociale e culturale.
Le conclusioni della prima giornata sono state a cura di Stefania Leone, docente dell'Università di Salerno e parte attiva del comitato di studiosi di "Riabitare l'Italia", che ha ringraziato i presenti per le relazioni e le riflessioni emerse durante la sessione. La prof.ssa Leone ha provato a dare una sua interpretazione sociale su come gli eventi climatici catastrofici possano offrire un'idea di soluzione ai problemi esistenti. Guardando alla disuguaglianza delle risorse ambientali, ha proposto di limitare il riciclo delle parole "Green", "sostenibilità" e "innovazione". Tra le dinamiche che innescano eventi negativi, ha consigliato di partire da una dinamica orientata ai giovani che possa offrire opportunità di partecipazione giovanile rispetto ai temi dell'ambiente, in quanto secondo la Leone le forme di partecipazione e attivismo giovanile sono un modo per portare avanti la protesta che è in atto. Ha proposto poi di ragionare sul tema della fragilità in termini di sostenibilità economica più che sociale utilizzando gli introiti per sanare i problemi del suolo. Bisogna, secondo la prof.ssa, immaginare una possibilità di connessione e di movimento verticale che possa rispondere al carattere dei tratti generazionali che non appartengono solo alle aree interne. Inoltre, ha spiegato che i giovani oggi pensano all'abitare in un modo dinamico che significa muoversi e non corrisponde alla ricerca della centralità assoluta della città metropolitana. Bisognerebbe guardare al futuro con gli occhi dei giovani per i quali l'abitare è incentrato sullo spostarsi e non più sul risiedere, non c'è una visione casa centrica che diventa un progetto di vita. La Leone ha concluso la riflessione ritenendo che la chiave trasversale per sanare i problemi e le fragilità attuali è la curvatura sulle particolarità e sulle differenze di questi territori che sono emerse dai recenti studi.
La seconda giornata di lavori è iniziata con la proiezione di un video di Gaia Vince in cui si affronta il tema del cambiamento climatico e delle possibili soluzioni: la migrazione globale permette la collaborazione tra le nazioni e i territori per far rivivere la nostra Terra e salvarla dalla auto-distruzione in atto.
A seguire è intervenuto Paolo Pileri che si occupa di questioni ambientali e del consumo del suolo. Il suo intervento è stato incentrato sul tema delle Olimpiadi e soprattutto sull'aspetto del consumo del suolo. La questione fondamentale è l'impatto climatico prodotto da un evento come quello delle olimpiadi. Pileri ha mosso una critica rispetto alle olimpiadi di Cortina in quanto le opere che si andranno a fare sostanzialmente saranno strade e parcheggi, quindi nessuna innovazione. Cambiare stile di vita non vuol dire modificare le infrastrutture, ma cambiare la concezione di vivere la terra. Noi immaginiamo che l'accessibilità sia il cambiamento, ma anche l'utilizzo di nuove tipologie di macchine non produce effetti se non si riduce la quantità. Le olimpiadi sono l'occasione per mettere in evidenza certi temi e non per derogarli, distruggerli del tutto. Altro punto fondamentale è la fragilità dell'arco Arpino, non solo da un punto di vista ambientale, ma anche occupazionale. C'è ancora una grandissima propensione dei giovani ad andar via da queste aree, quindi la domanda è: saranno in grado queste olimpiadi di trattenere i giovani e soprattutto di metterli in pista per l'occupazione?. L'obiettivo dovrebbe essere quello di costruire occupazione, zero impatto ambientale e zero emissioni. Se non si pianifica un reale cambiamento, secondo un modello che un domani si può replicare, le olimpiadi, ma in generale tutti i progetti previsti, saranno un'occasione persa.
E' intervenuto Andrea Ferrazzi che ha precisato che la montagna ha bisogno di innovazioni, di investimenti ed ha evidenziato quanto le olimpiadi siano necessarie per far sì che i giovani possano restare. È una questione di equilibrio tra esigenze diverse. La montagna non deve essere il passato, ma soprattutto per far restare i giovani anche la montagna deve guardare al futuro, con le innovazioni dedicate (ovviamente rispettandone le fragilità). Le olimpiadi rappresentano una grande opportunità per chi vive in montagna, non tanto per la questione delle strade (perché ci saranno dei semplici miglioramenti della viabilità ordinaria), ma per l'opportunità che è rappresentata dalle innovazioni funzionali che sono collaborative con chi vive in questi posti. Alcune comunità di montagna hanno bisogno delle olimpiadi per avere una prospettiva di futuro. Il consumo del suolo evidentemente ci sarà, ma sarà un consumo del suolo già elaborato. La montagna non è fissità ma dinamismo.
Filippo Barbera è intervento con una riflessione sul metodo aria, che definisce ragionevole, informato, aperto, molto interessante, e nel quale sono stati individuati bene gli elementi di differenza. Fondamentale è creare una sintesi tra esigenze diverse, trovare equilibrio tra contesti diversi.Il tema della mobilità è centrale nel suo discorso: da una parte c'è una esigenza di mobilità nelle zone di montagna, ma dall'altra c'è una critica verso questa ricerca di mobilità che non è collettiva ma individuale. Barbera si è soffermato poi sul tema dell'accountability, affermando l'importanza di informare il cittadino su quella che sarà la spesa per le olimpiadi. Rispetto alla salvaguardia del pianeta, Barbera afferma che non bisogna ostacolare il cambiamento e che il miglioramento è lento e graduale, ma la distruzione è immediata. Le statistiche su questo tema vengono lette da punti di vista differenti, e soprattutto vengono lette secondo il mantra dell'efficienza per la comunità/per chi vive e non si sofferma sul territorio. I dati devono essere accessibili e facili da consultare.
Andrea Verrazzi, è intervenuto sul tema della mobilità e sulle grandi distanze che la montagna pone anche tra aree geografiche più vicine. Ha rimarcato che l'amministrazione dei fondi delle olimpiadi di cortina non si occupa di infrastrutture ma ci sono altre organizzazioni che si occupano di questi aspetti. La questione del cambiamento climatico è importante; purtroppo, certe aree del pianeta saranno invivibili e questo comporterà lo spostamento di comunità in altre aree.
Marco Bussone ricollegandosi al tema delle olimpiadi, ha fatto un parallelo con le olimpiadi di Torino che hanno rappresentato un'opportunità per il territorio e quindi, a suo avviso, anche quelle di Cortina dovranno esserlo. Per la trasparenza dei fondi e per il monitoraggio della spesa auspica l'individuazione di settori appositi dedicati all'analisi e all'aggiornamento costante della spesa. Ha posto inoltre l'attenzione sulle innovazioni, in quanto non è possibile che le aree montuose siano trent'anni indietro sulle decisioni che potrebbero contribuire al miglioramento del territorio.
A seguire è intervenuta, Mia Scotti, che collabora da alcuni anni con il gruppo di Riabitare L'Italia e che ha avuto l'opportunità di collaborare attivamente con l'associazione in particolare su due progettazioni: "Giovani Dentro" e "Scuola di Pastorizia". Economista ed esperta di progettazione di politiche per lo sviluppo sociale delle aree interne, ha raccontato il percorso di idealizzazione e realizzazione di questi due progetti che Riabilitare l'Italia ha portato avanti dal 2020 al 2023 soffermandosi principalmente sul metodo dell'approccio. Nel 2013 è nata la Strategia Nazionale Aree Interne attraverso la quale le Amministrazioni e i professionisti hanno iniziato a lavorare insieme in un percorso di capacitazione che permette di iniziare a guardare al territorio in modo diverso, comprenderne le criticità, i punti di forza e le prospettive e soprattutto immaginare delle visioni di sviluppo. Dopo il primo ciclo di sperimentazione di questa politica nazionale è nata Riabitare l'Italia, associazione costituita da molte di quelle persone che hanno collaborato alla strategia in questi anni, sia operativamente sia dal punto di vista della ricerca. L'associazione è nata con l'intento di promuovere un cambiamento al passo con il livello culturale, di continuare il dibattito riportando al centro questi luoghi e questi territori e sviluppare nuove iniziative e nuove prospettive. In questo ambito sono nati i due progetti Giovani Dentro e Giovani Pastori Scuola di Pastorizia che sono due progetti fortemente legati tra loro, che sono interessanti per un discorso metodologico ma anche perché formare le aree interne significa aiutare le persone che vogliono restarvi. Restare in questi territori è sinonimo di presidio sul territorio, quindi, di governance del territorio e di resilienza. Ma da quale riflessione nascono i due progetti? Le aree interne sono spesso state dipinte come luoghi dove non esiste innovazione, senza speranza, da dove le persone si allontanano ma il gruppo di lavoro di acquisizione di conoscenze che vivono queste aree ha capito che questi stessi luoghi, sono luoghi dove esistono delle occasioni per promuovere innovazione di tipo sociale e che questa opportunità deve essere supportata attraverso investimenti pubblici importanti. I due progetti hanno una metodologia operativa comune, sono collegati tra loro perché dall'uno nasce l'altro. Giovani Dentro è un progeto di ricerca- azione attraverso cui Riabitare ha raccolto tante informazioni su un particolare segmento di popolazione che abita nelle aree interne che sono i giovani. L'approccio è innovativo perché la ricerca diventa funzionale operativamente alla definizione delle strategie d'azione per comprendere cosa fare e come farlo. Gli elementi fondamentali del progetto sono: la ricostruzione del contesto di operatività, ovvero la conoscenza ed il protagonismo forte del territorio che esso stesso definisce le modalità di azione e di intervento. Un ruolo attivo hanno gli attori nei percorsi che si immaginano nelle azioni e dei progetti che si realizzano. Nel caso della Scuola di Pastorizia è stato il territorio, molto spesso, a formare chi desidera inserirsi in quel settore professionale, una formazione che è stata disegnata sui bisogni, basata sulla metodologia della Fiera education, la costruzione di una rete di scambio e di relazione, di soggetti pubblici e privati. Giovani Dentro è partito nel 2020 con l'obiettivo di capire quali fossero le motivazioni dei giovani a restare o a spostarsi: chi resta, perché resta, e com'è possibile restare?. La ricerca ha confermato la percezione che nelle aree interne ci siano meno opportunità formative e che in queste aree servono opportunità specifiche. Questo si adatta alle aree rurali e alle aree montane perché si tratta di luoghi ricchi di tradizioni e di saperi locali in cui la trasmissione della conoscenza è informale; passa attraverso la comunità delle persone a cui è difficile accedere. Da tutto questo percorso è nata la Scuola di Pastorizia giovani Pastori nel 2022 un progetto dedicato a una formazione specifica, volto ad analizzare cosa significa fare questo mestiere, quali sono le opportunità, le sfide, le difficoltà, i lati positivi e quelli negativi. Si è pensato ad uno step successivo di accompagnamento alla progettazione e all'ingresso nel territorio attraverso un dialogo che si costruisce tramite una fase di ricerca, che aiuta a capire chi c'è ad essere uno strumento di primo accesso; e una fase di dialogo con tavoli territoriali, per comprendere come riuscire realmente ad avviare un'attività imprenditoriale sul territorio.
Filippo Barbera, sottolinea ancora che bisogna provare a costruire delle mappe della metro-montana padana che possono dare un'idea sulle informazioni climatiche e socioeconomiche i quali producono effetti differenziati poiché differiscono dalle zone in cui le persone vivono. Se si guardasse da un punto di vista quantitativo, i flussi in entrata sono quasi invisibili, che per un verso è positivo, dall'altro, piccoli numeri di persone che si muovono nelle aree interne, producono grandi effetti. I cronisti utilizzano il termine di "beni meritori", beni o servizi cui la collettività attribuisce un particolare valore funzionale allo sviluppo morale e sociale della collettività stessa.
Vanda Bonardo di Legambiente, invece, interviene riprendendo alcuni aspetti che riguardano i cambiamenti climatici, e li amplia per comunicare e fare in modo che l'informazione diventi un percorso formativo e aiuti le persone a mutare il proprio punto di vista. Bonardo ribadisce che la responsabilità dei cittadini è tutt'altro che secondaria, sia rispetto alla mitigazione che all'adattamento. La temperatura in media, in montagna raddoppia e in Italia aumentano ulteriormente causando lo scioglimento dei ghiacciai alpini. Ci sono dei cambiamenti di paesaggi che spariscono, si stravolgono, che ci lasciano a bocca aperta. Per non parlare della riduzione della superfice glaciale e arretramenti. Nell'arco di due anni si è misurato un arretramento di circa due metri. "se sparisse il Colosseo... se spariscono i ghiacciai, no problem!". Conclude affermando che si sta assistendo ad una sorta di circolo vizioso che richiede sempre di più l'utilizzo della neve artificiale, che sicuramente in alcune situazioni genera una dipendenza che rende rigido il sistema.
E' intervenuta nel dibattito Sabrina Lucatelli affermando che il tema fondamentale è il superare i confini, permettendo a soggetti diversi di trovare un punto d'incontro. Bologna ha iniziato in piccola parte un processo che in altri paesi del nord Europa è in atto già da anni. Il dramma è il tavolo dei dati di monitoraggio delle aree interne, difatti tutti i dati del monitoraggio agricolo ancora non ci sono. Il problema fondamentale del nostro paese è l'accountability del monitoraggio.