La restanza, l'innovazione sociale e i giovani al sud
Si è tenuto, il 13 ottobre 2023 presso l'università Lusma (PA), nell'ambito della "Settimana della Sociologia" e in collaborazione con Riabitare l'Italia, il seminario "La Restanza: L'innovazione sociale e i giovani al Sud" concepito con l'obiettivo di esplorare le sfide che impediscono sia il "diritto a restare" che il "diritto a migrare" nel meridione d'Italia
La Prof.ssa Anna Minà, Presidente del corso di laurea L20 in Comunicazione Digitale e Marketing, ha aperto il seminario in rappresentanza del Prof. Gabriele Carapezza Figlia, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza, Economia e Comunicazione dell'Università LUMSA.
Successivamente, è intervenuto il Prof. Di Maggio, il quale ha espresso la sua gratitudine e ha presentato gli ospiti del seminario. Durante il suo intervento, il Prof. Di Maggio ha sottolineato l'importanza dell'iniziativa "Settimana della Sociologia" e ha enfatizzato la necessità di promuovere la sociologia come una scienza pubblica aperta al territorio. Ha collegato questa iniziativa al tema centrale della "restanza", prendendo spunto dalla definizione contenuta nel libro "La Restanza" scritto dal Prof. Vito Teti, il quale ha poi preso la parola per approfondire ulteriormente l'argomento.
Il Prof. Vito Teti ha sottolineato un problema critico in Italia, ovvero la scomparsa graduale dei piccoli paesi nelle regioni interne, noti come "paesi fantasma". Questi luoghi stanno assistendo a una fuga di giovani sempre più evidente, portando a una potenziale estinzione delle comunità locali. Il fenomeno si è aggravato dopo l'esperienza della pandemia, con una diminuzione dell'interazione e degli incontri tra diverse generazioni. Il professore ha sottolineato l'importanza di riconoscere il diritto non solo di migrare e spostarsi, ma anche il diritto complementare di poter rimanere e condurre una vita dignitosa nella propria terra natale. Il concetto di "restanza" implica la sopravvivenza delle comunità locali nonostante la minaccia dell'estinzione. Per farlo, è essenziale sviluppare nuovi modi di interagire, convivere e creare opportunità economiche nelle zone colpite, focalizzandosi sulla necessità di adottare strategie innovative per preservare e rafforzare questi piccoli paesi e le loro comunità, promuovendo la "restanza" e creando un futuro sostenibile per queste regioni spesso trascurate.
Ha preso poi parola il professore e statistico sociale Giuseppe Notarstefano, il quale ha posta l'attenzione sulla globalizzazione e sulla desertificazione sociale e demografica, sottolineando come alcuni economisti stiano iniziando a parlare della deglobalizzazione come fenomeno opposto alla globalizzazione indotto proprio dalla pandemia, affiancata anche dalla slow-balizzazione data proprio dal rallentamento sociale che non ci porta in avanti ma ci lascia in uno stato di stallo.
Successivamente, ha preso parola il prof. Andrea Membretti, membro dell'associazione "Riabilitare l'Italia" con cui nell'anno 2020/21 ha condotto una indagine su un campione di giovani non-migranti, dai 18-39 anni che per il momento non hanno abbandonato le aree interne. Da questa ricerca è emerso che 2/3 degli intervistati hanno la voglia di restare, voglia che però non sempre può tradursi in atto a fronte della mancanza delle condizioni per la restanza stessa. La ricerca ha permesso infatti di individuare i fattori che spingono ad andare via, come la mancanza di opportunità di lavoro e formazione, e quelli che invece spingono a restare, come la natura, la qualità e il minor costo della vita. Grazie a questi dati, l'associazione "Riabilitare l'Italia" ha potuto individuare due fattori chiave per supportare la voglia di restare dei giovani e tradurla in possibilità concrete. Questi riguardano: la formazione professionalizzante sensibile ai luoghi (nascita della prima Scuola di Pastorizia in Piemonte) e un sostegno e accompagnamento alla (micro)impresa locale per persone che vogliono restare o ritornare.
La prof.ssa Stefania Leone, direttrice dell'Osservatorio Giovani Unisa, ha posto l'accento su due segmenti di restanti all'interno delle aree interne: un segmento di restanti R e un segmento di "restanti resistenti R2". Questi ultimi sono espressione di una restanza civica: intravedono un'opportunità nel rimanere, una possibilità di trasformare i punti di debolezza in opportunità. I "restanti non resistenti" sono, invece, coloro che hanno una condizione di vita migliore, un'occupazione, una condizione abitativa già realizzata. Chi parte e vorrebbe invece restare è colui che non ha queste condizioni e quindi la questione si sposta sempre sul creare le condizioni per far sì che questi giovani restino. La professoressa ha parlato del progetto ''Giovani dentro'', un percorso di ricerca nazionale che ha messo a fuoco le storie di questi giovani resistenti. Emergono dalla ricerca alcuni aspetti comuni come la volontà di cambiare lo status quo e il desiderio di trovare una dimensione in questi territori. L'indagine rivela che non c'è ancora una consapevolezza da parte delle nuove generazioni di considerare la natura come risorsa, si è più orientati verso un modello di south working, ovvero lavorare da remoto per aziende fisicamente collocate nell'Italia del Nord, pur abitando in regioni del Sud.
Carmelo Traina si è focalizzato principalmente sulla nascita di ''Questa è la mia terra'', iniziativa volta a testimoniare la volontà di restare nel proprio paese d'origine attraverso un festival musicale.
Il tema del festival è proprio il diritto a restare che mette in evidenza l'assenza di opportunità rispetto alle grande metropoli e la differenza tra chi nasce al Nord e chi nasce al Sud e le difficoltà di crescere come persona e svilupparsi sul piano lavorativo e sociale.
Attualmente il Sud sta vivendo uno spopolamento letterale e metaforico a fronte di un Nord sempre più sovrappopolato.
Marianna Siino e Marco Ciziceno, ricercatori dell'Università di Palermo, hanno riportato i dati di un lavoro di ricerca in cui sono stati intervistati giovani d'età compresa tra i 20 e i 25 anni, con lo scopo di capire qual è l'intersezione tra dimensione lavorativa e tempo libero e come si creano le traiettorie professionali. Dall'analisi dei risultati è emerso che una delle strategie di restanza più diffuse è quella dell'innovazione e dell'imprenditorialità. La nascita di startup innovative in Sicilia ha registrato una crescita significativa: guardando al panorama nazionale la regione si trova al 7° posto per numero di imprese (712) ma queste sono concentrate solo in due città, Catania e Palermo, creando così un problema di distribuzione. Ulteriore dato in evidenza è l'aumento dell'occupazione giovanile e femminile sul territorio siculo, entrambi obiettivi inquadrati dal PNRR.
A concludere il professore Fabio Lo Verde, professore ordinario di Sociologia presso l'Università di Palermo, il quale ha affermato che, nonostante i cambiamenti economici, sociali e culturali abbiano favorito grandi città industrializzate rispetto a piccoli centri, c'è ancora una possibilità di riqualificazione per le aree interne. I giovani che sanno intrattenere connessioni verticali e sanno essere aperti al mondo sono il motore del cambiamento, che trae forza dal desiderio di tutelare lo spazio in cui si vive e creare condizioni di vita migliori.